“Una rete a più maglie” per valorizzare il patrimonio edilizio sfitto
A. Valutazioni conclusive
Il progetto si è concluso il 30 giugno 2015.
A. Si è portata a termine con successo, ampiamente riconosciuto, la mappatura del campione di patrimonio individuato, che ha consentito di ricostruire la consistenza di un numero significativo di alloggi ed immobili in alcuni Comuni dell’area metropolitana di Napoli (Capoluogo compreso). La mappatura non è stata limitata agli spazi interni degli edifici destinati a funzioni residenziali, ma è stata ampliata all’intero contesto urbano di prossimità di ciascun immobile rilevato.
Nel concreto si è acquisito un sistema di dati aggiornati che costituisce una base di conoscenza essenziale per l’individuazione di approcci innovativi e replicabili nel settore “dell’abitare sociale” Le informazioni acquisite sono in grado di restituire una visione articolata del patrimonio disponibile, utile sia alla più immediata locazione, sia all’individuazione delle misure necessarie da compiere su ciascuno degli immobili per consentirne il riuso o la rifunzionalizzazione a fini abitativi, sia in prospettiva alla definizione di scenari di intervento su grande scala.
Tale scenario rafforza l’importanza di un’attività di mappatura del patrimonio da intendere come attività costante e in continua evoluzione, di cui la sperimentazione effettuata nell’ambito del Progetto costituisce certamente un passo importante in termini metodologici e di sistematizzazione delle informazioni in rapporto agli obiettivi di riuso e rifunzionalizzazione.
(Per maggiori informazioni consultare il sito www.riabitare.net – Sezione Output).
B. Contesto, obiettivi, modalità e strumenti del Progetto presentato
Il Progetto era finalizzato a creare e sviluppare una Rete di soggetti pubblici, privati e del privato sociale che si impegnassero ad individuare e recuperare il patrimonio edilizio sfitto o non utilizzato, per “mobilitarlo” in favore della crescita di un’offerta locativa “a prezzi contenuti”, nell’area metropolitana del Capoluogo campano. In questa area è da sempre molto scarsa l’offerta di alloggi in locazione e, attualmente, ancora più insostenibile è il livello dei canoni per le fasce più deboli della popolazione.
L’evidenza ha imposto una presa d’atto della gravità di tale disagio e dei forti squilibri che connotano in particolare il mercato dell’affitto, nonché la carenza, per non dire l’assenza, di servizi e strumenti a supporto di un corretto inserimento abitativo. E questo anche perché al disagio sono confrontati oggi, non solo quei segmenti di popolazione (italiani e stranieri) da tempo in condizioni di marginalità strutturale, ma anche i tanti soggetti, il cui numero è in continuo aumento, che per il persistere e l’acuirsi della crisi economica si trovano in grande difficoltà a sostenere le spese per la casa: sfrattati, anziani, disabili, famiglie monoparentali o monoreddito, giovani coppie, studenti fuori sede, immigrati anche con soggiorno di lunga durata. E’ stato per accrescere l’offerta di una locazione “moderata” destinata a soggetti in comprovato disagio abitativo che il Progetto ha elaborato e messo a punto uno strumento che consentisse di individuare spazi, locali, abitazioni potenzialmente recuperabili e destinabili alla locazione. Doveva trattarsi di una specifica Rete di coordinamento di soggetti pubblici, privati e del privato sociale che si impegnassero nel concreto ad individuare, mappare e mobilitare spazi sfitti o inutilizzati per accrescere l’offerta locativa, dando così risposta comune e condivisa al disagio abitativo del territorio.
L’impegno della Rete ad accrescere le opportunità locative puntava al tempo stesso, laddove possibile, a far fronte al fabbisogno abitativo con risposte nuove e flessibili, rivedendo il concetto stesso di casa per adattarlo ad esigenze alloggiative che appaiono oggi profondamente mutate. Si è sviluppato di fatto un “concetto innovativo di abitabilità” (il social housing) più rispondente ai bisogni di mobilità caratteristici della società attuale. Il concetto di casa non è oggi sempre riconducibile al modello tradizionale di permanenza e stabilità e questo per la flessibilità delle condizioni di vita e di lavoro, peraltro non solo dei migranti, ma anche di larghe fasce di popolazione autoctona. Si trattava di avviare la sperimentazione di un “nuovo modello di abitabilità” richiesto da domande sociali quali quelle derivanti dal repentino cambiamento dei nuclei familiari, dalla pressione degli immigrati, dalla necessità di aggirare costi immobiliari inaccessibili, dalla inadeguatezza dei sistemi abitativi tradizionali per gli ambiti emergenziali.
Nel lavoro di individuazione degli spazi da riutilizzare la Rete avrebbe dovuto essere dunque contestualmente impegnata a verificare e valorizzare, nel quadro del riutilizzo degli spazi recuperati, le nuove modalità del social housing .
Nello specifico, il Progetto intendeva realizzare iniziative ed attività diversificate:
a. I soggetti della Rete avrebbero dovuto attivarsi per “ricostruire” la consistenza reale del patrimonio sfitto, individuarne le potenzialità locative e le possibilità di utilizzo per situazioni emergenziali, per alloggi temporanei, per formule abitative innovative, di co-housing o, comunque, di un abitare sociale per il quale la casa non è solo un tetto ma coesiste con servizi individuali e collettivi. I dati raccolti, relativi al patrimonio disponibile, avrebbero dovuto convergere in uno specifico database.
b. Contestualmente, avrebbero dovuto essere attivati sul territorio servizi di informazione e sensibilizzazione per supportare, tra l’altro, la realizzazione di un’indagine territoriale che, mediante questionari e colloqui diretti con testimoni privilegiati, avrebbero dovuto consentirà di far emergere i fabbisogni abitativi reali e le loro specificità (anche in relazione ad identità e luoghi di provenienza “altri”).
c. Dall’incrocio dei dati relativi al patrimonio disponibile con quelli emersi dall’ indagine sui fabbisogni dei potenziali locatari, avrebbe dovuto essere possibile facilitare l’incontro tra domanda e offerta, facilitando la locazione, da un lato, e rendendo possibile, dall’altro, di verificare nel concreto la replicabilità di soluzioni innovative di housing sociale, così come sono state sperimentate in altri contesti territoriali europei.
Il Progetto avrebbe dovuto inoltre produrre una piattaforma web dove far convergere informazioni e aggiornamenti sullo stato di avanzamento dei lavori e, oltre ai materiali promozionali iniziali, alcuni Rapporti per capitalizzare analisi e riflessioni sulle politiche e gli interventi di housing sociale ed un Manuale della Buona Prassi attivata dal Progetto.
Il Progetto avrebbe dovuto essere finanziato dal Ministero dell’Interno (Fondo FEI-Programma 2013) e realizzato dal Capofila Aliseicoop, in partenariato con la UIL Napoli/Campania.
Per informazioni:
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Tel: 081/299944